"La rivoluzione digitale è tale perché la tecnologia è divenuta un ambiente da abitare, una estensione della mente umana"
Tonino Cantelmi
AUTOTOMIE
BY SALVADOR MARINO

Tra i tanti professionisti creativi che esplorano il pensiero post-umanista all’interno delle loro opere, Salvador Marino spicca come il più anarchico e visionario. L’artista nato in Argentina, tra arte e scienza, si concentra sulle protesi, mettendo in discussione la biopolitica post-umanista.
Ciò che rende particolarmente affascinante il lavoro dell'artista è che non pianta tanto ogni gamba in ogni categoria pertinente; essendo queste arte e scienza, cerca piuttosto di cancellarle del tutto, fondendo le loro preoccupazioni tematiche salienti in una nuova, terza entità.
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Marino racconta: “La concezione classica della protesi, che deriva principalmente dalla medicina, è distorta da una concezione produttiva del corpo. È un concetto che cerca di dare vitalità produttiva a un corpo che non è più utile alla società perché ha perso la capacità di camminare, di afferrare, di parlare, di vedere e così via”.
L'artista sfida questa concezione del corpo umano e del suo scopo guidato dal capitale e isola il nostro approccio alla natura come una questione centrale all'interno del discorso rilevante. Marino spiega: “Questa percezione ha bisogno di un quadro stabile per poter sviluppare, e questo quadro è il concetto di natura. La protesi appare come un dispositivo artificiale (non naturale) da utilizzare per riparare l'errore di smarrimento, per completare, per ricostruire le capacità naturali."
Cosa significa appartenere a un corpo? Quali cambiamenti si verificano quando non ci fidiamo dei limiti organici del corpo?
Quali possibilità esistono quando partecipiamo attivamente e coscientemente al nostro piano corporeo e diluiamo il costante bisogno di appartenere a una presunta natura umana, che è sempre una costruzione sociale e una definizione di un’epoca?
Comprendiamo le pratiche esercitate dalle istituzioni come un tentativo di preservare l’idea di corpo come creazione naturale, dove religione, capitalismo, scienza, patriarcato, sono pressioni che modellano e impongono costantemente limiti alle nostre costruzioni ed esperienze come corporeità. Non ci appartiene più il corpo convertito in forza lavoro, modellato dalla produzione, dall’industria, o attraversato dall’attuale tirannia del costante aggiornamento.
"AUTOTOMIE", è un progetto che vuole sviluppare il proprio piano corporale e abitare un corpo indefinito. I dispositivi non organici (protesi) diventano una fonte di espansione e uno strumento per allenare una corporeità al di fuori dell’istituzionalizzazione del corpo produttivo e naturale, rendendo possibile un nuovo rapporto con l’ambiente e permettendoci di ripensare i nostri limiti corporei.
Oggi più che mai dobbiamo essere consapevoli delle conseguenze della biopolitica. I concetti di corpo, vita, libertà, spazio pubblico, dispersione e spazio di lavoro stanno cambiando a una velocità così accelerata da provocare "terrore e paura”.
Di Salvador Marino